Il calice presenta una tipologia ampiamente diffusa per
tutto il XVII secolo, che sviluppando i moduli del celebre esempio realizzato nel 1603 per
lo stesso Monastero di San Martino è attribuito allargentiere Pietro Rizzo (cfr.
scheda n. 7), trova applicazione in diversi calici, come quello del 1718 della chiesa di
San Francesco dAssisi di Ciminna (cfr. G. Cusmano, scheda n. 16, in
Argenteria..., 1994, p. 16) e, tra gli altri, in calici coevi di altri centri
siciliani, quello della Cattedrale di Nicosia dellargentiere messinese Giuseppe
DAngelo (cfr. M.C. Di Natale, scheda II, 68, in Ori e argenti..., 1989) o il
calice di collezione privata con marchio della città di Trapani (cfr. M.C. Di Natale,
scheda II, 36, in Ori e argenti..., 1989). La base, circolare e gradinata, presenta
le tipiche testine di cherubini alati, che si ripetono nel nodo e nel sottocoppa alternate
da motivi fitomorfi. Il calice potrebbe essere quello commissionato allo stesso Pietro
Rizzo di cui si documentano pagamenti nel 1610 e 1611 (cfr. G. Mendola, Regesto
documentaria, infra; N. Bertolino, in Ori e argenti..., 1989, p. 391)
confermando la predilezione dei padri Benedettini in quegli anni per questo argentiere
attivo presso il Monastero tra il 1593 e il 1612 (cfr. scheda n. 4 e M.C. Di Natale,
infra) per la realizzazione di importanti opere e autore verosimilmente del bel calice
del 1603, di cui questo riprende i motivi decorativi pur differenziandosene per la
gradinatura della base, per il maggiore slancio del fusto che risulta meno riccamente
decorato e per il nodo più piccolo dove le teste dei cherubini. sono più aggettanti. In
questopera più tarda 1argentiere maggiormente si mostra sensibile ai nuovi
motivi decorativi e stilistici del barocco. Nellopera che non presenta marchi,
risulta in parte mancante la dentellatura gigliata del sottocoppa.
Inedito.
© Abadir Soc. Coop.a r.l. - S. Martino
delle Scale - |